Lo abbiamo visto ieri, ma ormai non è certo una novità. L’inclusive marketing sta diventando una “sana” abitudine di molti brand. Ci troviamo a vivevere ogni giorno di più, in una società che ha bisogno di vedere rispettata e celebrata ogni tipo di diversità, probabilmente proprio per fare in modo che a lungo andare, diventi un caratteristica. L’inclusive marketing nasce, infatti, dal bisogno che il consumatore sta sempre più manifestando, di sentirsi rappresentato dal brand in ogni sfaccettatura.
Quali sono gli obiettivi dell’inclusive marketing?
Creare strategie di comunicazione e contenuti che si rivolgano alle diverse identità della sfaccettata società in cui viviamo. Mettersi in connessione e consentire a categorie solitamente sotto-rappresentate, di riconoscersi in modelli e messaggi e rilevanti. Sono questi gli obiettivi principali di un approccio che vuole essere sempre più srategico, includendo nuovi target.
Non solo parole ma fatti concreti
Molte più persone hanno la possibilità di entrare in connessione con i brand che, finalmente, danno voce alle varie diversità, aprendo la strada ad un cambiamento sociale positivo sia in termini di visibilità, che di accettazione e rappresentazione.
Certo è, che qualunque utente ha bisogno di fatti concreti. E allora:
Come si fa inclusive marketing?
Già nel 2020, un’indagine pubblicata da da Salesforce, impresa di cloud computing di San Francisco, faceva notare che il 90% dei consumatori sosteneva che le aziende abbiano la responsabilità di andare oltre al profitto, impegnandosi a migliorare il mondo in cui viviamo.
Ma quali sono le linee guida da non perdere di vista per una buona strategia di inclusive marketing?
Il tono di voce
È bene considerare attentamente quali argomenti trattare, con quale soggetto farlo e attraverso quale messaggio: il tono di voce è il primo mezzo per catturare l’attenzione e l’interesse delle persone, perciò deve essere rispettoso e coinvolgente, consapevole del tema trattato.
Intenzionalità delle parole
Un uso efficace del linguaggio, come ricorda Siegel nel suo articolo, può rendere più rilevante e personale un messaggio. Le parole vanno infatti scelte accuratamente, affinché ogni termine, simbolo o frase non offenda o crei equivoci in chi legge.
Rappresentazione
Le persone vogliono vedere sé stesse rappresentate: ciò le fa sentire ascoltate, viste, motivate. Chiedersi, prima di lanciare una campagna ad esempio, se si è dato spazio a voci e storie diverse è un buon modo per dare opportunità a tutti e correre ai ripari quando ciò non è avvenuto.
Contesto
Pensare sempre al contesto in cui viene fruito un contenuto e di quale significato viene vestito: parliamo di influenze culturali, storiche, sociali che possono rendere un messaggio potenzialmente negativo o dannoso.
No all’appropriazione
Utilizzare elementi, riferimenti culturali di una minoranza senza onorarli e comprenderli è uno degli errori in cui è più facile incorrere: è necessario rivolgersi a persone che facciano parte della cultura a cui vogliamo fare riferimento per essere sicuri di essere rispettosi, dando voce e celebrando storie autentiche e corrispondenti alla realtà.
Lavorare per contro-stereotipi
Non c’è migliore rappresentazione di un contro-stereotipo per dare visibilità a situazioni che spesso vengono cancellate da una visione troppo superficiale della nostra società. Qualche esempio? Mostrare più CEO donne è un buon modo per dare rappresentanza a realtà che già esistono, ma non sempre sono prese in considerazione.