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Nocode: è possibile sviluppare un software senza scrivere codice?

Il nocode è ancora un miraggio? È probabilmente il sogno di tutti: la possibilità di sviluppare un software senza conoscere nessun linguaggio di programmazione e senza dover scrivere una sola riga di codice.

A che punto siamo?

Indubbiamente, dall’avvento dei linguaggi di programmazione ad oggetti, le possibilità che si arrivi davvero ad uno sviluppo senza “scendere” al livello del codice, si sono moltiplicate. Non è difficile pensare che nelle teste dei padri dello scrivi-solo-una-volta, l’obiettivo finale era proprio questo: il nocode.

Proprio come si fa quando si gioca con i Lego, l’idea è di produrre oggetti (mattoncini) in grado di essere riutilizzati all’infinito, e di “collegarsi” tra loro per costruire, in questo caso, software. I kit dei mattoncini del brand danese, che ci permettono di ottenere fantastici scenari, in ambito software vengono chiamati framework.

Un framework è a tutti gli effetti un set di oggetti, in grado di velocizzare lo sviluppo di un progetto software aiutando lo sviluppatore a non riscrivere lo stesso codice.

Un esempio per capire meglio di cosa stiamo parlando

Un esempio: la registrazione di un nuovo utente, il login, il recupero password e la gestione dei ruoli di un’app avranno caratteriste sempre abbastanza simili, anche su progetti totalmente diversi. In fondo, viene risolto sempre lo stesso problema. Nel framework, quindi, troveremo a disposizione gli oggetti in grado di progettare queste funzionalità scrivendo poco codice.

WordPress offre da anni, ad utenti di qualsiasi livello, la possibilità di sviluppare siti web dinamici, proprio sfruttando questo approccio. I famosi plugin che installiamo dal marketplace, sono proprio i nostri mattoncini. WordPress invece, per facilità di comprensione, possiamo assimilarlo al nostro framework.

In effetti, il più delle volte l’utente è in grado di ottenere buoni risultati senza essere uno sviluppatore.

Ma a che punto è lo sviluppo nocode?

Come per l’AI, artificial intelligence, anche per lo sviluppo nocode c’è ancora tanto da fare, ma tanto è stato già fatto. Come abbiamo visto per la creazione di un sito web, strumenti come WordPress e i tantissimi altri CMS – content management system – offrono ormai la la possibilità di costruire soluzioni pur non essendo esperti. In altri ambiti invece, abbiamo CRM, customer relationship management, o piattaforme di Project Management, in grado di modellarsi sulle esigenze dell’utente tramite interfacce visuali intuitive e che, spesso, non richiedono un grado di conoscenza informatica elevata.

Cosa manca per l’affermazione definitiva?

In realtà abbiamo quasi tutto a disposizione ormai. Prendiamo Zapier, è uno strumento che mediante la sola interfaccia grafica è in grado di automatizzare e di “far parlare” software diversi tra loro. Risolvendo di fatto, tutto ciò che apparentemente poteva rappresentare un limite: la mancanza di uno standard di comunicazione tra le diverse tecnologie e di una “lingua” comune.

Semmai, il vero problema è legato alla scarsa capacità di analisi e di risoluzione dei problemi dell’utente. L’introduzione nella scuola di discipline legate a far maturare questa esperienza nelle prossime generazioni, potrebbe rappresentare la spinta decisiva. L’ultimo tassello per una tecnologia che progredirà in maniera decisa nei prossimi anni e che di sicuro troverà nell’intelligenza artificiale un valido alleato.

Nocode: saremo mai in grado di svilupparci un software da soli?

La risposta è sì. Lo stiamo già facendo da anni. Pensate alla programmazione della centrale domotica, tecnologia ormai alla portata di qualsiasi budget, che ci permette di “programmare” quando annaffiare il giardino in base ad alcune condizioni. “Se le previsioni meteo prevedono pioggia, allora non attivare il sistema di irrigazione”. Google Nest è un termostato di nuova generazione che studia, impara e prende decisioni in base ai nostri comportamenti, ormai da anni.

Insomma, il futuro del nocode è già tra noi.