Alzi la mano chi non è ghiotto dei golosissimi biscotti Oreo! La sapete la novità? Una vera e propria dichiarazione d’amore. Proprio ieri, in vista del Pride Month, il colosso ha lanciato negli USA la sua ultima limited edition in fatto di packaging. Una confezione dai colori vivaci e dal design accattivante che dimostra ancora una volta il supporto del marchio alla comunità LGBTQ+. I pacchetti infatti, sono diventati una tavolozza di colori e parole d’amore e libertà.
Per Oreo non è una novità
Sono ormai tre anni che Oreo collabora con PFLAG National per supportare la libertà di genere delle comunità LGBTQ+. Quest’anno il marchio ha scelto twitter per il lancio della campagna social, per un Pride Pack che non resterà fine a se stesso ma potrà essere personalizzato con parole d’amore e condiviso con chi amiamo. Sono proprio i concetti di amore ed orgoglio che vengono messi in risalto su questa edizione limitata dove, anche la scritta “Oreo” in rilevo, viene sostituita dalla parola “Proud“.
Coming out doesn’t happen just once. It’s a journey that needs love and courage every step of the way. Share our new film 👇 and let someone know you’re their #LifelongAlly. pic.twitter.com/S5ipPxZRON
— OREO Cookie (@Oreo) April 4, 2022
Impegno costante quello del brand, che dimostra un sempre reale e partecipato interesse al tema. E, cosa più importante, lo fa con azioni che non finiscono con il pride month ma continuano durante tutto l’anno. Ma non è tutto oro quello che luccica. Quanti marchi approfitteranno del Pride Month,in programma come sempre durante il mese giugno, esclusivamente per una questione di visibilità?
Quando il Pride Month diventa Raimbow-washing
Se c’è una cosa che i brand hanno capito chiaramente, è il fatto che l’utente predilige sempre di più l’empatia e la condivisione di determinati valori. Non sempre però le iniziative di sensibilizzazione come questa, vengono comprese per ciò che sono in realtà. Ed è proprio a questo punto che si rischia di cadere in quello che si chiama rainbow-washing, appropriarsi di valori e temi che guardano all’inclusività solo per scopi commerciali. Sono ancora tanti i brand che, dopo aver contribuito largamente, tramite una comunicazione non proprio etica, a rendere praticamente invisibile la comunità LGBTQ, oggi fanno grande sfoggio di maschere color arcobaleno associate ai propri loghi. Un esempio?
Il caso Primark e l’etica che c’è ma non si vede
Era il 2018 quando il brand irlandese decise di lanciare una collezione a tema arcobaleno, chiamandola proprio “Pride“e decidendo di destinarne il 20% delle vendite alla più grande organizzazione europea per i diritti LGBT. Tutto molto etico nella teoria. Peccato però che la stessa azienda abbia sedi dislocate in Paesi come la Turchia e il Myanmar, in cui i diritti LGBTQI+ non sono tutelati. Insomma, predicare bene e razzolare male non è una buona idea nemmeno nel marketing.